Intrigo sull’Olimpo”, è il romanzo che segna l’esordio dello scrittore Sebastian Ruggiero nel mondo dell’editoria nazionale, presente sui principali stores digitali e edito dalla Giovane Holden. Il romanzo si sviluppa intorno al mito del rapimento di Persefone e vuole essere una rilettura moderna del genere mitico, offrendo uno spazio ad una nuova versione del fantastico mondo epico. Sebastian riesce in effetti in maniera impeccabile a far rivivere la celebre leggenda del rapimento della bellissima Persefone a opera del dio infernale Ade in un romanzo sì d’ispirazione classica, ma di gusto ben più brillante e contemporaneo, dalla piega smaliziata e piacevolmente giocosa.

Scopriamo news e curiosità in questa intervista

La scelta di reinterpretare il mito in chiave moderna deriva dalle esigenze del nuovo pubblico, dalla volontà di avvicinarlo al mondo classico?

“Intrigo sull’Olimpo” cerca di rendere un genere aulico, qual è l’epica, adatto ad uno stile narrativo più congeniale al pubblico odierno. I miti classici hanno da sempre prodotto una indiscussa fascinazione negli ascoltatori e nei lettori. I temi trattati sono ancora presenti nel mondo d’oggi, fanno parte del nostro costrutto culturale e questa è probabilmente una ragione per cui ancora ci si sente rapiti da quel mondo. Come spesso ripeto, parafrasando Orazio, facciamoci conquistare anche noi nuovamente da quei racconti, reinterpretati dallo specchio dei tempi. Così come gli antichi Romani, che seppur nel campo bellico sconfissero i Greci, ne furono conquistati in quello culturale.

La volontà di umanizzare gli dèi nacque già nell’Antichità: in che modo questo     espediente può favorire la lettura del romanzo?

Anche questa è una tecnica stilistica che cerco di adottare. L’immedesimazione dei lettori nei personaggi dei racconti deve necessariamente passare attraverso uno scambio emotivo, che tocchi le corde del loro sentire. Nel mio “Intrigo sull’Olimpo” le divinità rispecchiano i vizi e le virtù degli esseri umani, sono le rappresentazioni dei pregi e dei difetti della nostra varia umanità.

Quali rischi si possono correre nella reinterpretazione di una storia classica?

I rischi sono diversi. Uno di questi può essere la banalizzazione del racconto, un altro la critica di non innovare alcunché rispetto a quanto già prodotto dalla tradizione, altro quello di tentare di incunearsi nel filone dei retelling senza però fornire nulla di originale.

Un parametro che io ho cercato di fissare nel mio lavoro è quello della coerenza con i classici, senza stravolgere o modificare quanto è attestato, ma tentare di ricucire tra loro le diverse tessere dei miti e unirli per formare un intreccio credibile e accattivante. Un tentativo ambizioso che spero di essere riuscito a realizzare.

Qual è, secondo lei, il personaggio più suggestivo? Qual è stato il più complesso   da plasmare?

Sicuramente le figure che emergono sono quelle femminili, che rivestono il ruolo principale in questo racconto. Probabilmente quello più suggestivo è quello di Hera, che racchiude in sé il ruolo della donna perfida e cinica, la mente che sta dietro alla tessitura dell’intrigo. Personalmente sono legato a quello di Demetra, che invece incarna la figura materna. Se però devo identificare quale possa essere stato il più complesso da plasmare, la scelta ricade su Pan, che per certi versi è l’alter ego di Hera e che gioca con le sue stesse armi, quelle dell’astuzia, ma che vive una sofferenza segnata dalla solitudine e dalla difficoltà di essere accettato dagli altri.

A cura di Vittoria Di Tillio

 

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